28/10/07

Il sistema dei canali di Bologna

Bologna nel Medioevo possedeva una fitta rete di corsi d'acqua. Sebbene quest'opera di canalizzazione urbana sia scomparsa quasi completamente, se ne conserva traccia in molti toponimi urbani.
Il sistema idrico era un'importante realizzazione tecnologica e rispondeva a diverse esigenze: difesa strategica della città, rifornimento idrico per usi domestici e attività artigianali (conciatura delle pelli, lavorazione dei tessuti), produzione di energia idraulica necessaria a vari opifici (mulini, filatoi per la seta).
Gli importanti contributi di alcuni bolognesi, come Domenico Guglielmini, alla "scienza delle acque" sono legati a questa tradizione cittadina, oltre che ai problemi comuni a tutta la valle del Po.
Bologna si dotò di una rete idrica artificiale gradualmente tra i secoli XII e XVI, cominciando con la costruzione delle chiuse di Casalecchio e di S. Ruffillo, rispettivamente sul fiume Reno e sul torrente Savena.
La costruzione del canale di Savena fu realizzata a spese del Comune alla fine del XII secolo. Probabilmente si trattò, anziché di una costruzione ex-novo, dell'approfondimento del tracciato di un canale già esistente.
L'operazione si rendeva necessaria sia per accrescere il numero dei mulini da grano, sia per alimentare il fossato della seconda cerchia di mura, le Mura dei Torresotti, costruita per difendere la città da Federico Barbarossa.
Inizialmente il canale lambiva il lato orientale delle mura nella zona di S. Vitale. Successivamente furono realizzate altre due ramificazioni, una verso Porta Castiglione e un'altra che, passando sopra il torrente Aposa, entrava in città attraverso Porta San Mamolo.
Poco tempo dopo lo scavo del canale di Savena una quarantina di privati, indicati successivamente con il nome generico di Ramisani, costituirono un consorzio per costruire un canale che convogliasse in città l'acqua del Reno.
A tale scopo fu realizzata una chiusa che innalzava il livello del fiume.
Il canale giungeva fino nei pressi del fossato occidentale delle mura dei Torresotti, lo costeggiava fino a superare l'odierna via delle Moline, quindi piegava verso nord per dirigersi verso la campagna.
Lungo il canale i Ramisani costruirono une rete di mulini produttiva ed efficiente.
Le acque dei canali, una volta utilizzate per attività industriali e civili, confluivano in località Bova e servivano a sostenere la navigazione fluviale lungo il Canale Navile.
Questo canale, costruito nel 1208, garantiva una via al traffico commerciale da Bologna verso Ferrara e Venezia.
All'interno delle mura la distribuzione capillare delle acque era assicurata da un insieme di canaletti sotterranei o chiaviche.
Nella zona delimitata dal canale di Reno e dalle mura tra porta S. Isaia e Porta Lame, l'acqua delle chiaviche muoveva le ruote dei mulini da seta collocati nelle cantine degli edifici.
Le chiaviche scorrevano poco al di sotto del livello stradale e alcuni metri più in basso i "chiavicotti" recuperavano l'acqua utilizzata per immetterla nuovamente nei canali.